I rodenticidi sono il principale strumento di lotta nei confronti di topi e ratti. I prodotti si trovano in commercio sottoforma di esche in grani, polveri confezionate in bustine, sono derivati da dicumarolo o cumarine (warfarin e cumarina). 
Questi principi attivi sono noti per la loro azione anticoagulante, ovvero, alterano i meccanismi che regolano la coagulazione del sangue, causando la morte per emorragie interne.
 L’ingestione accidentale dei prodotti topicidi, di carogne di roditori avvelenati o dolosa, è un’eventualità purtroppo abbastanza frequente negli animali da compagnia.

 

I sintomi dell'avvelenamento da rodenticidi

I segni clinici dell'avvelenamento possono essere vaghi e comuni a molte altre patologie e possono insorgere anche ore o giorni dopo l'esposizione alla sostanza tossica; è per questo motivo che risulta importantissimo fornire al medico veterinario tutte le informazioni possibili che riguardano la storia del nostro animale sia recente che remota. 
L’animale avvelenato presenta abbattimento, anoressia, prostrazione, pallore delle mucose, facile affaticabilità. Altri sintomi sono: ematomi superficiali variamente localizzati, ematuria (sangue nelle urine), melena (sangue nelle feci), epistassi e ancora, se coinvolto il sistema nervoso, convulsioni, paresi e/o paralisi. La morte improvvisa può avvenire in seguito a emorragie cerebrali, pericardiche, intratoraciche o addominali.

 

Cosa fare
 in caso di avvelenamento da rodenticidi

Per affrontare al meglio un'emergenza tossicologica bisogna tempestivamente recarsi presso una struttura veterinaria.


La diagnosi si effettua tramite la raccolta anamnestica, la sintomatologia presente e, soprattutto, attraverso gli esami di laboratorio e il profilo coagulativo, che risulteranno più o meno alterati a seconda della gravità dell'avvelenamento.
 Dopo aver valutato l’integrità delle funzioni vitali dell'animale, si provvederà a eliminare il veleno, a somministrare eventuali antidoti e fornire le cure di supporto.
 Nel caso la sostanza sia stata appena ingerita è fondamentale indurre il vomito, salvo che si tratti di un animale fortemente depresso. Qualora ciò non fosse possibile, si esegue una lavanda gastrica, che può ridurre l'assorbimento della sostanza tossica se effettuata entro 2-3 ore dall'ingestione.
 La somministrazione di un antidoto dovrebbe essere effettuata il prima possibile, ma solo dopo la stabilizzazione del paziente e l’eliminazione della fonte di avvelenamento.


La terapia per questo tipo di avvelenamento prevede la somministrazione di VITAMINA K per almeno 3-4 settimane. Può essere utile , nei casi più gravi, sottoporre l’animale ad una trasfusione di sangue in modo da fornire immediatamente fattori della coagulazione e piastrine nell’attesa che la vitamina K somministrata inizia produrre i suoi effetti (sono necessarie dalle 12 alle 24 ore). 
E’ inoltre necessario, soprattutto nei primi giorni di terapia, confinare il cane o il gatto in luoghi tranquilli e sicuri, evitando che possa subire traumi che vadano ad aggravare le emorragie presenti. La prognosi è strettamente legata alla situazione clinica dell'animale, agli esami clinici, al profilo coagulativo e alla rapidità di intervento.

 

Viganò F. e Colombo A.: “Avvelenamenti”. Da “Medicina d’urgenza e terapia intensiva del cane e del gatto” di Viganò F., Ed, Elsevier, 2004.